Stampa botanica: la mia piccola esperienza alchemica
Per spiegarvi cosa sia la stampa botanica potrei semplicemente dire che si tratta di una tecnica di stampa su carta e tessuti naturale, sicura, a basso impatto ambientale, nella quale vengono impiegati foglie ed elementi naturali per ottenere pattern irripetibili.
Ma il fatto è che dietro ad una spiegazione così precisa si perdono un migliaio di sfumature, sensazioni ed esperienze che rendono unica questa pratica, che non è solo una tecnica, un atto autoconclusivo, ma una serie di piccoli rituali magici, che ora cercherò di illustrarvi!
Il rapporto tra uomo e natura risale alla notte dei tempi, puro, viscerale, ancestrale.
I primi uomini impastavano pigmenti naturali e se ne sporcavano le mani per lasciarne le impronte sulle pareti rocciose delle caverne: un atto per decretare la propria esistenza e tramandarla ai posteri.
Quando grazie ai tannini presenti nelle foglie riesco a imprimerne l’impressione sulle mie stoffe, torno a sentire pulsante il legame con i nostri antenati, mi sento parte narrante di un lontano racconto, un filo che unisce, una rete sotterranea di radici che collega passato, presente e futuro, un futuro che necessita di diventare per una volta ancora un po’ selvaggio!
Viviamo in una dimensione veloce in cui tutto è movimento: non è concessa la stasi, la noia, il vuoto, non c’è più tempo per la ciclicità, per l’attesa.
Stiamo perdendo il collegamento diretto con ciò che ci circonda, e con la parte più intima di noi stessi.
Non abbiamo mai tempo.
E invece immaginate di uscire con abiti leggeri a primavera inoltrata o coperti da un cardigan di lana quando si avvicinano i primi freddi autunnali, di passeggiare al mattino, con un cesto di vimini tra le braccia, lungo una strada di campagna, in un bosco o nel vostro giardino, respirare, accarezzare le foglie, ponderare, valutare cosa e quanto vi occorre per poter lavorare.
Osservare come cambia ciò che vi circonda al susseguirsi delle stagioni, guardare la natura con occhi nuovi, più curiosi, desiderosi, un po’ impazienti.
Cercare forme e composizioni, sfiorare la ruvidità dei tessuti, valutarne le fibre, lo spessore.
Aspettare e aspettare, riempire questa attesa mettendo un bollitore d’acqua sul fuoco per un tè, leggendo un libro, avendo cura di voi, prendendo in mano pennelli e colori dopo tanto tempo, ad esempio, e poi, la magia si compie; dopo qualche ora si svela il risultato…
Vedete come una sessione di ecostampa sia molto più che un pomeriggio di lavoro, una pratica in cui entrano in gioco tutti i sensi, anche quelli più sottili e in cui si allena la pazienza.
I passaggi sono pochi, tuttavia essenziali, nulla o quasi può essere lasciato al caso.
Si parte con la ricerca dei tessuti, la riscoperta di tutte le fibre naturali, anche quelle dimenticate, che usavano le nostre nonne nei corredi: lino, cotone, canapa; i vecchi bauli e le soffitte sono il terreno più fertile in cui approvvigionarsi.
Una ricerca talvolta lunga, ma che porta a riscoprire tesori dimenticati e a diventarne inaspettatamente eredi.
Nella stampa botanica tutto ciò che è vecchio, consunto, un po’ malconcio, ha la meglio sul nuovo e questo è molto affascinante e soprattutto prezioso, calcolando che viviamo in un presente in cui domina l’acquisto sfrenato di abiti; in questo caso invece bisogna lasciare spazio al riutilizzo!
La mordenzatura è il passaggio successivo: richiede tempo e precisione, talvolta anche un po’ di audacia nello sperimentare ricette nuove, è molto importante, in quanto prepara la stoffa ad accogliere i pigmenti, un po’ come se fosse una pagina in attesa di poter assorbire la storia di un albero e fermarla per sempre.
Della raccolta dei materiali un po’ vi ho già raccontato, è il momento che preferisco, quello che mi porta ogni volta, anche quando i risultati non sono i migliori, a riprovare: è una concessione intima e partecipata da parte della natura, che va accolta con moderazione: va raccolto solo ciò che pensiamo possa servire!
In pochi anni ho affinato la vista nel riconoscere molte più piante di quante già ne conoscessi, sono diventata molto più ricettiva e attenta, i miei occhi sono diventati quelli di un’amatoriale naturalista.
Anche alcuni scarti di cucina possono essere di particolare utilità nella pratica della stampa: conservo da parte con particolare cura tutti i resti dei miei abbondanti soffritti, le bucce di cipolla animano i tessuti come tanti piccoli coriandoli.
Sistemati e separati fogliame, bucce e cortecce, possiamo dunque stendere sul tavolo, con certosina attenzione, il nostro tessuto, tendendo ogni piega.
Avviene poi questo sodalizio tra il tessuto e le foglie, un sodalizio che orchestro ogni volta cercando il pattern più spontaneo e casuale possibile, cercando di riprodurre ciò che vedo a terra durante l’autunno, tante varietà di foglie che cadono con precisa e gradevole casualità.
Questa unione viene poi sigillata da un giro stretto di spago e cotta lentamente a vapore in un calderone come immaginario comanda, vi immaginate voi forse una sciamana senza di un pestello e un pentolone? Io no!
Vi è ora un lungo tempo di attesa, un paio d’ore che è bene sfruttare facendo qualcosa di non previsto: portando a termine un acquerello dimenticato, leggendo un libro abbandonato sul comodino da troppo tempo, oppure facendo semplicemente nulla, che forse è l’atto più imprevisto…
In ultimo la scoperta e l’osservazione del risultato, scottandosi un po’ le dita per l’impazienza, studiando attentamente le impronte , capendo cosa è andato storto e godendo di ciò che è riuscito bene, tenendo ben presente che ogni volta è come se fosse la prima!
Vedo la stampa botanica come un’ esperienza intima e immersiva, tuttavia è bellissimo condividerne le basi e sperimentarle insieme!
Se anche a te piacerebbe fare questa esperienza, scrivimi, sarò felicissima di guidarti in questa ricerca!